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Scritto da Administrator   
giovedì, 02 marzo 2006

I poteri di Bruxelles e la guerra di Suez
di Mario Monti

immagine evento

L'annuncio della fusione Gaz de France/Suez, in contrasto con le ambizioni di Enel sulla stessa Suez, ha acceso un dibattito ricco di emotività, più che di lucidità. Vorrei aiutare i lettori a capire questa complessa vicenda e i problemi più generali che essa solleva, in questa fase promettente ma delicata dello sviluppo del mercato unico. Dal punto di vista dell'Enel e dello Stato italiano, la lucidità avrebbe suggerito, ieri, che l'intenzione di Enel di lanciare un'Opa ostile non venisse preannunciata. E suggerirebbe, oggi, di non fasciarsi la testa prima che sia rotta, ma anche di valutare con concretezza se, e in che cosa, il progetto di fusione violi qualche norma comunitaria. Non è ancora certo che l'intenzione di Enel sia definitivamente frustrata. L'Opa preannunciata sarebbe stata ostile. immagine evento

Ebbene, quello che si è verificato nei giorni scorsi è che la vittima predestinata dell'ostilità ha messo in campo le proprie difese. Ma sarebbe strano se l'ipotesi di una fusione con GdF non fosse stata considerata da Enel come una delle possibili reazioni di Suez. Certo, il governo francese ha chiaramente mostrato di non gradire l'intenzione di Enel. Ma non sarebbe il primo caso di un'Opa che riesce a realizzarsi malgrado l'avversione di un governo. Del resto, lo stesso governo francese, così come quello lussemburghese, non ha certo manifestato entusiasmo per l'Opa di Mittal su Arcelor, ma non per questo Mittal ha disarmato. Contro Enel, tuttavia, lo Stato francese non si è limitato alle parole. E' passato ai fatti, promuovendo la fusione della propria controllata GdF con la privata Suez. Ogni giudizio è legittimo, sul piano politico: da «Guarda questi francesi, come sanno "fare sistema"!» a «Ma che senso ha aprire i mercati se poi nei mercati giocano grandi imprese di Stato?». Se però si va oltre, e si chiede l'intervento dell'Unione Europea, sarebbe utile indicare quali norme europee si ritiene siano state violate. Non si può escludere, a priori, che l'intervento dello Stato francese e la fusione GdF/Suez comportino problemi, sotto il profilo delle norme del mercato unico e della concorrenza. Ma non è neppure ovvio, almeno a prima vista, che questo sia il caso. Si è detto: questa è una nazionalizzazione, per proteggere Suez dall'attacco di un'impresa estera. Ma le norme europee sono neutrali, tra proprietà pubblica e privata. Una nazionalizzazione non è contraria alle norme, così come l'Unione Europea non può imporre a uno Stato di privatizzare. Non risulta che né l'Italia né altri Stati membri abbiano mai proposto, in occasione delle diverse revisioni, di modificare questo principio basilare del Trattato di Roma. Inoltre, in base a quanto per ora è dato di comprendere, l'aspetto prevalente assomiglia piuttosto a una privatizzazione. A seguito dell'operazione la quota di partecipazione dello Stato francese al capitale di GdF, che oggi è dell'80%, diminuirà sensibilmente. E qui si cela una difficoltà per il progetto che, vista in un'altra prospettiva, potrebbe costituire un piccolo varco dischiuso dalla Francia «sociale» alle intenzioni italiane: i potenti sindacati di GdF si oppongono a questa operazione, che essi vedono come «totale privatizzazione» dell'azienda. Ciò potrebbe comportare difficoltà nelle strade e in Parlamento, dove il governo dovrà ottenere una modifica della legge che attualmente stabilisce nel 70% la soglia minima della partecipazione dello Stato. continua nel sito del Corriere della Sera

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