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Rutelli:l'Unione dovrà riprendere in mano le strategie industriali. Stampa
Scritto da Administrator   
lunedì, 06 marzo 2006
Offensive estere mal condotte, telefonia colonizzata, banche a rischio opa. Perciò, secondo il leader della Margherita, l'Unione dovrà riprendere in mano le strategie industriali.


 
Sulla vicenda Enel-Suez che sta offuscando i rapporti tra Italia e Francia, risvegliando ardori nazionalisti persino nell'animo dell'ex «mister Europa» Romano Prodi, il leader della Margherita Francesco Rutelli non vede chiaro. E sono perplessità, quelle manifestate dall'ex sindaco di Roma, che portano dritte a una importante dichiarazione d'intenti in vista dell'insediamento a Palazzo Chigi, dopo le elezioni del 9-10 aprile, di un futuribile governo unionista: lo Stato deve guidare i settori strategici, perché senza una cabina di regia l'economia italiana rischia di andare allo sbando. rutelli.jpg

Il governo francese vuol blindare la Suez fondendola con la Gdf per rendere più difficile una scalata dell'Enel, il governo italiano studia ritorsioni, l'Unione critica sia l'Italia sia la Francia. Ma che avreste fatto voi, se foste stati al governo?
Un governo dell'Unione, visto che in Enel lo Stato conserva una posizione determinante, avrebbe concordato con l'azienda una strategia. Che invece, nel caso francese, mi sembra sia clamorosamente mancata.

Che cosa è mancato?
Se l'Enel aveva veramente in testa un'opa, perché invece di annunciarla non l'ha lanciata? E perché non ha chiesto al nostro governo di preparare il terreno per farla accettare dai francesi? E, infine, perché ha mollato subito la presa? Se volesse, l'Enel sarebbe ancora in tempo per organizzare l'opa. Sia in chiave ostile sia in quella amichevole.

Avrà certo delle risposte a tutte queste domande...
Rispondo con una constatazione. Senza una seria azione di regia, che solo il governo può assicurare, gli interessi strategici italiani non sono tutelati. E dicendolo non penso solo al caso Enel.

A che altro?
Negli ultimi anni stiamo navigando senza rotta. Nel settore aereo abbiamo perso la grande occasione dell'Airbus, poi l'Alitalia ha sciupato cinque anni passando da un'ipotesi di alleanza all'altra senza concludere nulla. Nella telefonia tre gestori telefonici su quattro sono stranieri: c'è un'invasione di telefonini ma nessuno costruito in Italia e quasi tutti i soldi delle bollette vanno a finire in tasche non italiane. E tornando all'Enel, non ho capito la logica della cessione della Wind al gruppo Sawiris.

Che cosa non la convince?
La scelta di cedere a un gruppo egiziano sembrava collegata alla coltivazione di nostri interessi nel Mediterraneo. Ma esistono? E quali sono? Nessuno ce lo ha ancora spiegato.

Un panorama nero...
Dovunque mi volto, c'è da essere sconfortati: mi domando per esempio cosa accadrebbe se Bernardo Caprotti, il proprietario della Esselunga, decidesse di terminare la sua attività di gestore. Anche la grande distribuzione diventerà quasi tutta straniera?

Si salva qualcuno? Eni e Finmeccanica sono in gran salute...
La Finmeccanica, effettivamente, agisce con un impianto strategico. Ma mi pare la sola. Sull'Eni, invece, ho dei dubbi. Intanto ricordo che l'anno scorso l'Eni parlava di una «bolla» (cioè di saturazione, ndr) nel mercato del gas, e invece adesso è arrivata una drammatica scarsità. E poi, come si fa a parlare di fusione con l'Enel senza prima valutarne le implicazioni a livello sia di scenari mondiali che di mercato domestico, dove questa prospettiva non va esclusa assolutamente ma minaccia di essere una mazzata per un mercato concorrenziale?

C'è fermento nel mondo bancario. Anche lì si teme lo sbarco di gruppi stranieri, tanto più ora che in Banca d'Italia non c'è più Antonio Fazio.
Fazio, che nel 2005 era convinto di potere agire ancora con l'onnipotenza che avevano i banchieri centrali prima dell'euro, ha impedito in passato aggregazioni tra grandi banche italiane, penso solo a Comit-Credito italiano e San Paolo-Banca di Roma, per poi organizzare in prima persona fusioni improbabili, prive dei requisiti necessari, che hanno finito per aprire le porte agli stranieri.

E Mario Draghi che farà: chiuderà la porta agli stranieri?
Draghi è certamente la persona adatta per arbitrare intelligenti aggregazioni che mi appaiono inevitabili per la dimensione dei nostri gruppi creditizi, quasi tutti potenzialmente scalabili.

Non è che dopo avere criticato l'«italianità» di Fazio ora anche lei suona la stessa musica?
La mia impostazione è questa: per difendere e far crescere i soggetti italiani nei settori strategici, dall'alimentare all'energia, dalle telecomunicazioni al credito, la via maestra è quella delle aggregazioni su scala europea. Ma aggregazioni, non colonizzazioni. Se poi questa via si rivelasse impraticabile, allora l'extrema ratio sarebbe un'aggregazione fra soggetti italiani.

E in un governo di centrosinistra dovrebbe essere lo Stato a guidare questo processo?
Lo Stato, sfruttando sia la quota proprietaria nelle aziende delle ex partecipazioni statali, sia tutte le altre leve che ha, deve svolgere non solo una funzione di regolazione ma di indirizzo nei settori strategici. Beninteso, senza entrare mai nella gestione diretta degli interessi. Aziende come Eni, Enel, Finmeccanica debbono essere accompagnate. Casi come quello Enel-Suez non debbono più ripetersi.

La accuseranno di neodirigismo.
Ho una cultura democratico-liberale e penso a uno Stato non invadente, ma che dica la sua sulle politiche industriali. Penso anche al turismo, dove perdiamo posizioni, e alla ricerca, dove pubblico e privato debbono decidere insieme quali settori privilegiare: biotecnologie, nanotecnologie, materiali. E aggiungo che questo indirizzo dello Stato serve anche, e soprattutto, a tutelare il consumatore assicurando tariffe più basse, servizi migliori e approvvigionamenti certi. E comunque vedo questa funzione legata a una transizione.

Transizione rispetto a cosa?
Evitare che ai vecchi monopoli si vadano sostituendo nuovi monopoli privati, addirittura a prevalenza straniera.

Il governo Berlusconi è sembrato su questo piano meno dirigista.
Direi che ha brillato per la sua assenza. Non ha avuto alcuna strategia. Prendiamo l'energia: una conferenza nazionale sul tema, che già sarebbe arrivata in enorme ritardo, viene prima annunciata per febbraio, poi annullata. Noi invece, e questo è un impegno che mi sento di prendere fin d'ora, la faremo entro il primo anno del nostro governo. Puntando anche su termovalorizzatori e rigassificatori. E senza subire veti.

Non le sarà sfuggito che una buona parte del mondo imprenditoriale punta sul pareggio elettorale e sulla costituzione di un governo di larghe intese sul modello della Germania.
Questa prospettiva non esiste. Intanto perché vinceremo noi, anche al Senato. E comunque perché col pareggio si torna a votare. Il rischio che vedo, semmai, è quello di dover governare con una maggioranza risicata.

Insisto sul governo alla tedesca...
Ripeto: non esiste. In Germania c'è la capacità di condividere grandi decisioni. In Italia, oggi, ci sono invece contrapposizioni troppo forti. E poi non si può fare una campagna contro Berlusconi e poi governare con lui.
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