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martedì, 07 marzo 2006
Elezioni. Prodi: Tremonti sbaglia, ecco la politica economica del governo dell'Unione

 

Romano Prodi
Romano Prodi


Roma, 7 marzo 2006

"E' necessario il ritorno a una grande politica che sappia costruire quadri di riferimento e obiettivi condivisi per la finanza, l'impresa e il lavoro; che sia aperta al dialogo con le forze sociali, e le comunità locali; che sia consapevole del momento storico: il momento delle decisioni coraggiose, forti e tempestive". Dalle pagine del Corriere della Sera il leader dell'Unione Romano Prodi traccia a grandi linee l'obiettivo dell'azione di governo del centrosinistra,  "che si puo' sintetizzare con la formula 'uno Stato regolatorio e non proprietario' ".

Il Professore ricorda di essere stato definito una Cassandra "quando lanciavo ripetuti allarmi sulla situazione economica del Paese", ma ora "grazie all'Istat, grazie a Moody's e Standard & Poor's e, oggi, grazie a Draghi e Montezemolo - rileva Prodi- Cassandra per una volta vede riconoscere la ragionevolezza delle sue previsioni". Accusando il governo di "responsabilita' gravissime", Prodi passa cosi' a "illustrare i provvedimenti e le iniziative che, una volta al governo -scrive- metteremo in atto per fare riemergere il Paese dalla situazione in cui si dibatte".

Primo, scrive il leader dell'Unione, "ridurre i contributi sul lavoro, il cosiddetto cuneo fiscale", con "l'impegno di una riduzione di cinque punti nel primo anno di governo". E ancora, prosegue Prodi "proporremo al sistema delle imprese un 'grande scambio' ", con i trasferimenti (circa due punti del pil) che verrano trasformati in riduzione degli oneri fiscali e contributivi. E' "il punto di partenza -scrive il leader dell'Unione- di un processo che noi riteniamo essenziale e decisivo: portare lo Stato al ruolo che gli compete in una economia moderna e aperta, quello del regolatore e non del proprietario".

"In questa direzione quindi -sottolinea Prodi- diciamo no al progetto tanto caro al ministro dell'Economia di conferire una consistente fetta del patrimonio pubblico a una una enorme nuova entità. Siamo contrari a questo progetto -spiega poi il Professore- non solo perché è palesemente contro i principi apepna esposti, ma anche perché non è questa la starda per ridurre il debito pubblico che può essere diminuito solo attraverso la via maestra della ricostituzione dell'avanzo primario".

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