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GAFFE AL GOVERNO COME ARGINARE LE ESTERNAZIONI Stampa
Scritto da Administrator   
giovedì, 15 giugno 2006

GAFFE AL GOVERNO COME ARGINARE LE ESTERNAZIONI

Prodi non ne può già più e convoca tutti in conclave per insegnare a comunicare. Ecco chi sono gli addetti a indirizzare le dichiarazioni se non a spingere al silenzio, che spesso fa meno danni.


 
Sono ben pettinati e vestiti, come si usa quando si passa a vita ministeriale. Alcuni veterani, altri matricole.
Costituiscono il piccolo esercito dei portavoce governativi, quelli delle stanze accanto al potere. Hanno un compito: indirizzare le dichiarazioni dei loro datori di lavoro, se non proprio zittirli quando serve.
E secondo Romano Prodi serve spesso. Il Professore, avvilito dagli «esternatori folli» del suo governo, li ha invitati pubblicamente a smetterla «con il carnevale delle dichiarazioni».
Però il premier non si fida ancora e il 4 e il 5 giugno porta l'esecutivo a San Martino in Campo (Perugia), per dare loro qualche rudimento.
A organizzare il seminario è il ministro per l'Attuazione del programma Giulio Santagata, l'uomo che nel progetto prodiano dovrebbe coordinare tutta la comunicazione del governo, esclusa quella che riguarda direttamente il Prof, affidata a Silvio Sircana e in seconda battuta a Sandra Zampa. Santagata punta anche a dare una regolata ai sottosegretari, che per legge non hanno diritto a un portavoce, e che d'ora in poi dovranno «fare rete» con quelli dei ministri di riferimento.

Gli onorari dei nuovi comunicatori governativi variano da un minimo di 75 mila euro a un massimo di 150 mila lordi. Non sono però i soldi l'elemento decisivo: quella del portavoce è soprattutto una postazione di potere, seppur temporaneo. Lo spoils system, infatti, prevede che anche il portavoce decada insieme al ministro che lo nomina.
Ma chi sta tentando l'avventura unionista non si è spaventato. Con il ministro per l'Economia Tommaso Padoa- Schioppa c'è il giornalista dell'Ansa Carlo Maria Fenu. Stefano Di Traglia, per anni capo ufficio stampa dei Ds, lavora per il ministro per lo Sviluppo Pierluigi Bersani, dopo aver collaborato con il consigliere Rai Carlo Rognoni: voci maligne sostengono che Di Traglia fosse il vero uomo all'Avana del Botteghino in Rai.

Per i Beni culturali Francesco Rutelli ha scelto il collaudato Michele Anzaldi, mentre il più giovane Filippo Sensi resta alla Margherita, a fare il rutelliano del partito. L'altro vicepremier Massimo D'Alema ha scelto Daniela Reggiani, ex Adn Kronos. Rosy Bindi perpetua invece il sodalizio con Chiara Rinaldini, mentre alla Difesa Arturo Parisi porta con sé Andrea Armaro. In sette anni di collaborazione con Parisi il portavoce si è fatto notare per il suo sostegno da supporter (sms compresi) a Prodi, al Partito democratico e soprattutto a Parisi.
Beppe Fioroni si è affidato a Tiziana Ragni, ex giornalista del defunto Popolo e poi di Europa. Chi ancora cerca lavoro può tentare con Clemente Mastella, che pensa a un junior esperto di giudiziaria da affiancare al senior Pietro De Angelis. Un profilo tecnico ha Sergio Bruno, portavoce del ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni. Bruno ha un passato in grandi aziende e tra i giornalisti parlamentari c'è grande curiosità verso uno che il Parlamento, finora, non l'ha visto quasi mai. Più tecnico di Giuliano Amato, però, non c'è nessuno. Il ministro dell'Interno pensa di cavarsela con la burocratica struttura interna del Viminale. Non pochi scommettono che, prima o poi, dovrà arrendersi all'assunzione di un esterno.

Il ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio si è affidato a un duo: Giovanni Nani e Andrea Alicandro. Perfino Santagata ha nominato un portavoce, il giovane Mauro Favale, già nello staff prodiano. La domanda nasce spontanea: se Santagata, che dovrebbe zittire gli altri, prende un portavoce, vuole dire che intende zittire se stesso?
Il titolare dell'Università Fabio Mussi ha preso la più giovane, la 25enne Caterina Pernigoni, ed Emma Bonino ha scelto a sorpresa Filippo di Robilant, provocando qualche gastrite dentro la redazione di Radio radicale, dove gli aspiranti non mancavano.
Inciampato nell'annuncio della sanatoria per gli immigrati, Paolo Ferrero ha chiesto a Ettore Colombo del Riformista la sua disponibilità a seguirlo al ministero per la Solidarietà sociale, mentre il neoministro del Lavoro Cesare Damiano alla fine si è affidato a Cosimo Torlo, già al Comune di Torino. Il ministro per gli Affari regionali, Linda Lanzillotta, ha assunto Ginevra Sotirovic, che lascia Italia Oggi. Ma la vera decimazione è quella della redazione politica del Manifesto. Cosimo Rossi guiderà la comunicazione di Rifondazione comunista mentre Andrea Colombo è già al gruppo del Prc alla Camera, dove lavora anche il portavoce del presidente Fausto Bertinotti, l'ex cronista sportivo di Liberazione Fabio Rosati.

Il presidente del Senato Franco Marini ha rubato l'ex cronista politico del Mattino Guelfo Fiore a Pierluigi Castagnetti, di cui era il portavoce. Quanto ai gruppi parlamentari, alla Camera Dario Franceschini continua il sodalizio con Piero Martino, in aspettativa dal quotidiano Europa.
Anna Finocchiaro ha confermato il portavoce di Gavino Angius, Stefano Sedazzari, che viene considerato una sorta di cacciatore di teste dei portavoce, così come Andrea Bianchi, anch'egli ex Manifesto, ora capoufficio stampa dell'Ulivo al Senato. Fu lui a inventarsi il collegamento tra Carlo Azeglio Ciampi e l'astronauta Umberto Guidoni nello spazio, a 450 chilometri. Insomma, il «colpo» della vita.
Poco, però, rispetto a Manuela Palermi. Bertinottiana in origine, quando dirigeva Liberazione, poi passata al Pdci come portavoce di Oliviero Diliberto, da neosenatrice è stata subito eletta capogruppo ma continua a dirigere il settimanale del partito, La Rinascita della sinistra. Eppure l'unico ministro del partito, il titolare dei Trasporti Alessandro Bianchi, è anche l'unico a non avere ancora un portavoce. Proprio lui, il ministro che ha inneggiato a Fidel Castro, bocciato George Bush e litigato con Antonio Di Pietro per il Ponte sullo Stretto.
Forse non se n'è accorto, ma a San Martino si va soprattutto per lui, Bianchi, già ribattezzato «Denim»: l'uomo a cui non chiedere. Mai.

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