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Vaccino contro la sclerosi multipla Stampa
Contributo di Roberto Pica   
mercoledì, 01 gennaio 2014


La somministrazione del bacillo di Calmette-Guérin, usato da tempo come vaccino contro la tubercolosi, potrebbe diminuire il rischio di sviluppare sclerosi multipla in soggetti che mostrano i primi segni della malattia. A suggerirlo è uno studio della Sapienza-Università di Roma, effettuato su 73 soggetti. Prima di passare ad applicazioni terapeutiche occorreranno però ulteriori studi per valutare la sicurezza a lungo termine del vaccino

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Un vaccino contro la tubercolosi potrebbe aiutare a prevenire la sclerosi multipla (MS) in soggetti che mostrano segni molto precoci della malattia. È questo il risultato, pubblicato on-line su “Neurology”, di uno studio condotto da Giovanni Ristori della facoltà di medicina della Sapienza-Università di Roma, in collaborazione con l'Università Federico II di Napoli e la Fondazione Don Gnocchi di Milano.



La ricerca ha coinvolto 73 soggetti in cui si è manifestata la cosiddetta sindrome clinicamente isolata, vale a dire un primo episodio di sintomi di una sospetta sclerosi multipla, come formicolii, disturbi della sensibilità, problemi di visione e di equilibrio, con un riscontro dalle scansioni di risonanza magnetica.

L'esperienza clinica dimostra che una sindrome clinicamente isolata può avere diversi esiti: solo in metà dei casi infatti è il preludio di una diagnosi definitiva di sclerosi multipla entro due anni. Nel 10 per cento dei casi, inoltre, si riscontrano più manifestazioni cliniche rilevanti legate alla malattia.

Segni di sclerosi multipla nel cervello evidenziati da una scansione di risonanza magnetica nucleare (© Callista Images/cultura/Corbis)All'inizio dello studio, durato cinque anni, in 33 pazienti è stato inoculato un bacillo vivo attenuato chiamato bacillo di Calmette-Guérin, usato fin dal 1921 come vaccino contro l'infezione da Mycobacterium tubercolosis, l'agente patogeno che causa la tubercolosi, mentre agli altri è stato somministrato un placebo. Nei successivi sei mesi, i soggetti sono stati sottoposti una volta al mese a scansioni di risonanza magnetica, grazie alle quali sono state
documentate tre lesioni nel gruppo dei vaccinati e sette lesioni tra quelli non vaccinati. 

Al termine dei sei mesi, i pazienti hanno assunto per un anno interferone beta 1a, uno dei farmaci standard per il trattamento della sclerosimultipla, in grado di ridurre le ricadute tipiche della malattia e di rallentarne il decorso, per poi seguire la terapia consigliata dal loro neurologo di riferimento. Dopo cinque anni, il 58 per cento dei soggetti vaccinati non mostrava segni di MS, contro il 30 per cento di coloro che avevano ricevuto il placebo.

I risultati sono molto incoraggianti, ma occorrono molte cautele prima di arrivare a una somministrazione di routine del vaccino, anche per via del limitato numero di pazienti coinvolti nella sperimentazione. “Bisogna sapere molto di più sulla sicurezza e sugli effetti a lungo termine di questo vaccino”, ha sottolineato Ristori. “Non è quindi pensabile che si inizi fin da subito a utilizzare il vaccino per trattare la sclerosi multipla o la sindrome clinicamente isolata”.
  

Ultimo Aggiornamento ( venerdì, 03 gennaio 2014 )
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