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Intervista a Petruccioli:«Abbiamo abolito il comitato di controllo sull’informazione elettorale Stampa
Scritto da Administrator   
mercoledì, 08 febbraio 2006

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Nell’ampia stanza della presidenza Rai, all’ovattato settimo piano di Viale Mazzini, Claudio Petruccioli non ha portato oggetti personali, solo i libri. Eppure guarda al futuro della tv pubblica, ha scritto una sua riflessione pensando all’orizzonte 2016..

 

Scusi se la riporto al presente. Sul rispetto della par condicio prima della fase elettorale cosa ha fatto?
«Le regole ci sono, serve autocontrollo da parte di tutti. Nel Cda del 20 dicembre abbiamo approvato una delibera che ho proposto io perché, anche nel periodo non elettorale, vengano rispettate le leggi, il pluralismo e l’equilibrio nell’informazione. Non mi si dica che non si capisce bene cosa di deve fare: garantire parità di trattamento».

E il contraddittorio nei talk show. Ma in alcune trasmissioni il politico è da solo. Che fare?
«Finché è possibile ci dev’essere il contraddittorio, in altre trasmissioni l’equilibrio ci può essere lo stesso, valutato nell’insieme del ciclo di puntate. Il David Letterman Show è fatto così. Presto i direttori di reti e testate ci daranno un quadro complessivo delle programmazioni. E per l’attuazione della par condicio aspettiamo il regolamento della commissione di Vigilanza. Le modalità sono quelle: i confronti a due; le tavole rotonde con più persone; la conferenza stampa del leader di un partito. L’importante è che ci sia un equilibrio fra i leader e non influenzare con cose surrettizie. Certo guardo con invidia alla Gran Bretagna, in cui il governo può intervenire in tv quando vuole, ma entro 24 ore l’opposizione deve parlare. In Italia è più difficile...».

 

Ha deciso Anna La Rosa di rinunciare alla puntata di Alice col solo Berlusconi o è stata convinta?
«Io certo no. In questi casi non metto bocca, ho solo chiarito la mia posizione. In accordo con l’azienda e la sua rete ha deciso lei, ma lo stesso Berlusconi aveva ritenuto eccessivi due faccia a faccia in due giorni».

 

Si è rischiata la tele-indigestione, però. Questi «ingorghi» nascono dalla competizione tra conduttori?
«Per la Rai questa settimana il premier è stato da Vespa e venerdì sarà alla Conferenza stampa come leader di Forza Italia, che non è un programma di Anna La Rosa, già in calendario. Ma non conviene neppure a chi parla essere troppo presente. È vero, siamo già in campagna elettorale e la commissione di Vigilanza ha delle difficoltà inedite, dovute al sistema proporzionale».

 

Come regolarsi?
«Non è facile: ci sono i leader delle coalizioni, poi i leader dei partiti da votare col proporzionale e, per la par condicio, ogni lista deve avere lo stesso tempo tv. Ma se Ds e Margherita e chi altro alla Camera vanno come Lista dell’Ulivo e al Senato da soli, non si possono considerare uno, due, o tre soggetti. Sono problemi da affrontare, il percorso non è dei più agevoli ma speriamo che non ci siano incidenti agli incroci, solo qualche graffio alle auto...».

 

Esiste ancora quel comitato di controllo sull’informazione elettorale istituito da Cattaneo?
«Non esiste più. Non abbiamo bisogno di organi speciali. C’è l’azienda nel suo insieme e ognuno fa la sua parte».

 

Questo Cda ha riportato Santoro alla Rai. È soddisfatto?
«Nell’insieme sono soddisfatto. Ho sempre detto che l’estromissione di Santoro era un vulnus grave per la Rai e per la libertà d’informazione. È stato possibile sanarlo dopo che si è dimesso dall’Europarlamento. Il Dg Meocci ha comunicato al Cda che è stato depositato il ricorso alla sentenza; RaiDue non ha considerato neppure un’ipotesi di programma, a parte che a febbraio è rete olimpica per Torino 2006. Meocci ha il mandato dal Cda, così ha avviato un dialogo con Santoro e il direttore di RaiTre, Ruffini, per esaminare i progetti. I tempi non sono definiti, ma ci siamo, poi riprenderà a maggio».

 

Enzo Biagi lamenta che lei non lo abbia mai chiamato. È vero?
«Ho molto rispetto per Biagi, anzi approfitto per fargli i migliori auguri della Rai e di tutti noi. È uno dei volti simbolo della Rai, che è la sua casa. La sua presenza dev’essere costante e ricca, ed è apparso più volte in questi mesi».

 

Insomma, è un Cda senza conflitti?
«Questo Cda lavora molto per trovare un accordo ed evitare la rottura lungo la linea della politica. Finora la responsabilità di amministrare bene l’azienda ha prevalso sulle posizioni politiche, ne do atto al consiglio e ai consiglieri».

 

Non ci sono più quelle telefonate a Palazzo Chigi che denunciava l’ex presidente Lucia Annunziata?
«Non controllo le telefonate, ognuno chiama chi vuole, non è un problema un buon rapporto con l’esterno. Ma questo Cda è diverso ed è mio dover far sì che si trovi la soluzione migliore. E per la Rai è utile che ci sia un rapporto non conflittuale tra presidente e direttore generale».

 

Va sempre d’accordo con Meocci? Su di lui pende la sentenza dell’Authority sull’incompatibilità e anche la Rai rischia delle multe.
«A volte è più difficile andare d’accordo ma nell’insieme sì, e comunque alla fine si vota. Sull’incompatibilità la Rai farà una memoria difensiva, ma il Garante ha già i verbali delle sedute dei primi di agosto 2005. Spero che l’esame dell’Authority sia rapido e mi auguro positivo per Meocci».

 

Una situazione che blocca gli investimenti?
«No, però più i vertici sono stabili e meglio è».

 

Si augura che resti Moecci e lo stesso Cda anche dopo le elezioni?
«Sono arrivato qui dopo che per quindici mesi la Rai era senza un presidente. Il Cda e il Dg lavorano insieme da cinque mesi. il mandato è di tre anni, poi...Però anche per le innovazioni tecnologiche c’è bisogno di buona “governance”. Nelle aziende l’instabilità perpetua è la cosa peggiore».

 

La Rai è ferma nel passaggio al digitale e Mediaset è in vantaggio?
«No, perché Mediaset rischia di isolarsi dal contesto. Il digitale terrestre non è una scelta, è un obbligo nell’era digitalizzata. Ma un broadcaster che produce contenuti, qual è la Rai, deve potersi collegare anche con la banda larga, la tv sul cellulare, su internet».

 

La Rai ha le risorse per fare questo?
«Certo servono centinaia di milioni di euro. Per la Bbc, che ha un canone tre o quattro volte più alto di quello italiano, lo Stato ha finanziato tutto il passaggio al digitale. Ora partiremo con la sperimentazione in Val D’Aosta e in Sardegna, poi vedremo altre zone a macchia di leopardo, magari dove gli impianti analogici sono più obsoleti».

 

Lei in un documento fa delle proposte anche di privatizzazione. Non è stata archiviata?
«Per me no, quindi discutiamo ancora dell’assetto proprietario della Rai. Ci sono tre strade: la privatizzazione tout court, ma allora come si fa il servizio pubblico? Poi le privatizzazioni finte dell’1% della legge Gasparri. Io ho suggerito le fondazioni bancarie: non sono da sottovalutare, tant’è che se ne parla anche per la Banca d’Italia».

 

Perché propone di trasformare RaiTre in rete regionale? È l’unica rete a alto tasso qualità.
«RaiTre è nata come rete regionale. Vogliono mezz’ora in più per i tg regionali, ma costa moltissimo. Perché non creare una fascia solo regionale di due ore al giorno, dalle 7 alle 9, magari con contributi dal territorio?».

 

Spunti da offrire all’Unione?
«Be’, molti sono interessati».
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